Il Lago Matese

Il lago Matese si è costituito trasformando in artificiale un lago naturale. La trasformazione è stata compiuta nel 1923; solo da quell’anno l’uomo è diventato arbitro della vita del lago; ma prima del 1923 il lago Matese costituiva lo stesso una vasta massa d’acque, che si raccoglieva nel fondo della più grande conca carsica del Matese. In questa vastissima conca, della lunghezza di circa dieci chilometri e della larghezza di tre, si venne ammassando, attraverso i millenni, materiale d’alluvione che le acque trascinavano dalle sue fiancate, ed il materiale era abbondante perché tali fiancate si ergono per centinaia e centinaia di metri, e sono dalla parte settentrionale costituite da una imponente cortina di montagne, su cui spiccano le più alte cime di tutto il Matese, vale a dire il Miletto (2.050 m) e la Gallinola (1922 m).

A tale materiale d’alluvione fluviale altro materiale minuto si aggiungeva, ma di provenienza profondamente diversa: erano le ceneri vulcaniche, che i venti trasportavano dai numerosi crateri oggi spenti ma allora attivissimi dei Campi Flegrei del Somma-Vesuvio e del Roccamonfina, e che a poco a poco ammantavano le vicine regioni dell’Appennino, donde le acque dei fiumi le trascinavano o nel mare o nelle zone più riparate.
Il terreno minuto, che, in simil modo, si raccolse nel fondo della più grande conca del Matese e lo spalmò per la massima parte, ne ostruì pure molti degli inghiottitoi, che prima assorbivano avidamente le abbondanti acque di pioggia: li ostruì sulla sponda settentrionale e nel centro della depressione, ma non riuscì a ostruire tutti gl’inghiottitoi della sponda meridionale, lungo la quale, fra gli altri, due ne rimasero di molto grandi, uno detto delle Brecce e l’altro dello Scennerato. In seguito alla parziale chiusura degli sbocchi sotterranei, le acque che affluivano da tutti i lati nella conca non furono più così rapidamente assorbite come una volta, ma si raccolsero nel fondo di essa e dettero origine a uno dei più bei laghi d’Italia, il lago Matese. Lago, però, spiccatamente diverso dagli altri per la grande oscillazione di livello; lago, infatti, con un bilancio variabilissimo, formato con l’entrata molte volte rapida delle acque fornite dalle dalle piogge e dallo sciogliersi delle nevi e con l’uscita di solito lenta delle acque smaltite dagli inghiottitoi; lago, quindi, che si gonfiava notevolmente nell’inverno e sul principio della primavera e si riduceva enormemente di volume nell’agosto-settembre.
(Tratto da ASMV)
Flora e Fauna
La flora e la fauna Tutta l’area presenta una eccezionale valenza naturalistica: i rilievi sono ammantati di faggete che coprono i versanti alle quote più elevate, soprattutto nel versante orientale. Più in basso, domina il bosco misto che spesso si interseca con i castagneti modellati dall’uomo, e con le leccete che risalgono dal piede del massiccio specialmente nei quadranti più caldi dell’area. Le essenze prevalenti sono dunque la Roverella (Quercus pubescens), il Cerro (Quercus cerris), il Carpino nero (Ostrya carpinifolia), il Castagno (Castanea sativa), e nei versanti più assolati la Macchia mediterranea. Nel sottobosco fioriscono numerose specie di Orchidee selvatiche del genere “Orchis”. Le rupi, ed in particolare quelle di vetta, ospitano una interessante flora ricca di endemismi e specie rare. Si tratta in generale di specie che denotano affinità con i popolamenti dei pascoli e delle rupi elevate dell’Appennino centrale, come le Sassifraghe, tra le quali la rara Saxifraga porophylla, le Primule montane (Primula auricola), le Viole dei pascoli rupestri (V. pseudo gracilis, V. eugeniae, V. aetnensis ssp. splendida), gli Edraianti (Edraeanthus sp.), la Lingua di cane appenninica (Solenanthus apenninus), le Pedicolari (Pedicularis sp.), le Creste di gallo (Rhinanthus wettsteinii, R. personatus), ed i Verbaschi (Verbascum sp.) solo per citare le più appariscenti. Molto rappresentati sul Massiccio sono i prati pascoli di quota e le praterie aride che spesso ospitano interessanti entità floristiche mediterranee che qui trovano il loro limite settentrionale di espansione. Notevole, infine, la presenza nel territorio del comune di Fontegreca di una vasta cipresseta spontanea, con alberi che raggiungono i 30 metri di altezza, ed attraversa dal corso del Fiume Sava. Eccezionale è il patrimonio faunistico: i rilievi sono frequentati dal Lupo (Canis lupus) e dal Gatto selvatico (Felis silvestris); alle quote inferiori dominano, invece, i boschi misti in cui sono frequenti Astori (Accipiter gentilis), Sparvieri (A. nisus), Colombacci (Columba palumbus) e Poiane (Buteo buteo), che non di rado si spingono verso le pareti rocciose, regno di rapaci come il Lanario (Falco biarmicus), l’Aquila reale (Aquila chirysaetos) ed altre specie rupicole quali il Gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), il Codirossone (Monticola saxatilis) il Culbianco (Oenanthe oenanthe) e lo Spioncello (Anthus spinoletta). Nei boschi è particolarmente frequente il Picchio rosso minore (Dendrocopos minor).

La fauna alata che sorvola questi ambienti in primavera è costituita, tra gli altri, da Nibbio reale (Milvus milvus) e Pellegrino (Falco peregrinus). La presenza degli specchi d’acqua fa sì che il birdwatching possa essere molto fruttuoso per la presenza di nidificanti come Svasso maggiore (Podiceps cristatus), Tarabusino (Ixobrychus minutus), Moretta tabaccata (Aythya niroca) e Germano reale (Anas platyrhinchos).
